La Guerra di Gino un racconto della resistenza in Barriera
La Guerra Di Gino è un podcast concepito e realizzato da Gianni Bissaca e Christian Nasi. Racconta la Storia di Gino Belluzzo e sua moglie Irlanda Fabbris. Una storia di vita e di morte, di amore e di lavoro, di ingiustizia e di resistenza, che si svolge a metà del secolo scorso e che ci porta a viaggiare nel tempo, nelle storie e nei sentimenti di persone comuni, che incontrano la Storia, quella che si scrive con la S maiuscola per le strade dei nostri quartieri di Torino Nord.
Abbiamo scoperto il podcast La guerra di Gino per caso durante un programma culturale organizzato dall’Associazione Choros, presso la Cascina Marchesa, il 15 dicembre scorso.
Gianni Bissaca era intervenuto con degli estratti di un suo spettacolo, Barriera, durante il quale ha evocato, fra altre cose molto interessanti, il lavoro fatto con Gino Belluzzo e Irlanda Fabbris.
Dopo lo spettacolo abbiamo preso contatto con lui per raccontarci un po’ l’idea, il progetto e la sua realizzazione.
“La guerra di Gino racconta la formazione e le avventure di Gino Belluzzo, partigiano di città, e di sua moglie Irlanda Fabbris. La vicenda si ambienta a Torino nel periodo tra il 25 luglio ’43 e il 25 aprile ’45, con digressioni nel ventennio fascista precedente. Gino e Irlanda si conoscono da bambini nelle case popolari in cui abitano entrambi. La famiglia di Irlanda è immigrata dal Veneto, dove il padre Luigi ha perso il lavoro per la sua attività antifascista.” (1)
Il Podcast
Il podcast, ovvero il racconto audio, è un genere che ha il vento in poppa in questo momento. Gli ascolti crescono vertiginosamente e le piattaforme che pubblicano i contenuti sul web sono numerose. E il lavoro di Gianni Bissaca e Christian Nasi è stato accolto presso una delle migliori in assoluto, almeno per il panorama mediatico italiano: Rai Play Sound. (2)
12 puntate di racconto molto ben eseguito, di interviste e approfondimenti molto interessanti e con una colonna sonora originale firmata Beppe Costa. Un viaggio in quelle aree di Torino che si trovano a Nord della Dora, nell’epoca in cui le fabbriche, le fabbrichette e le “boite” brulicavano come formicai e in cui i quartieri circostanti vivevano al suono delle sirene e dei turni.
Come si cresce in un quartiere povero, operaio, sottomesso prima alle ingiustizie di un regime dittatoriale e poi alla violenza di una guerra totale.
La grande Storia, vissuta e raccontata da un ragazzo di Barriera che cresce, impara, si innamora, poi decide di prendere le sue responsabilità di fronte all’ingiustizia.
L’intervista
Abbiamo incontrato Gianni Bissaca in un caffè, in via Borgo Dora. Era seduto in compagnia di Beppe Costa, l’attore e musicista autore della colonna sonora.
Parliamo un po’ di tutto, del percorso dei due artisti, dei loro progetti, dei quartieri e della città di Torino, di come è cambiata dall’epoca in cui era il principale polo industriale del paese… Poi passiamo alle domande sulla Guerra di Gino.
1. A Torino personaggi come Gino ce ne sono stati tanti (oggi sono rimasti pochissimi), ma cosa ti ha portato a raccontare in particolare la storia di Gino e di Irlanda?
Ho conosciuto Gino e Irlanda molti anni fa, erano genitori di una mia amica.
Gino in particolare mi aveva raccontato la sua vita da partigiano in varie occasioni, ma sempre un pezzetto per volta, e come se quello che mi stava raccontando non fosse poi così straordinario.
In fondo lui pensava che fossero piccole avventure di un ragazzo di allora. Poi nel 2015 li ho intervistati: ci siamo ritrovati nella loro casetta di Savoulx, in val di Susa, e siamo stati un giorno intero a parlare…quasi sei ore di intervista video-registrata, una cosa molto professionale. Pensavo di farci un film documentario. Poi è passato un po’ di tempo…e prima Irlanda e poi Gino se ne sono andati! Allora abbiamo deciso, con Christian Nasi, di trasformare quell’intervista in un podcast. Meno impegnativo di un film, e poi ci avrebbe permesso di inserire la loro storia in un contesto più generale. In Gino mi ha sempre colpito l’assoluta assenza di retorica nel suo raccontare: non è mai ideologico, è sempre molto concreto e distaccato…dice: io avevo paura, non ero adatto a fare il partigiano, ma a un certo punto se una cosa si deve fare si fa, e bon! Questo io lo trovo meraviglioso! E penso che dopo l’8 settembre moltissimi dei ragazzi che sono andati in montagna siano stati come Gino. E accanto a lui sempre Irlanda, da cui lui prende il nome di battaglia…il partigiano Irlanda…una grande storia d’amore!
2. Che valore ha oggi, raccontare storie come quella di Gino? Cosa ne possono trarre gli ascoltatori, oggi?
Raccontare oggi la storia di Gino …perché…intanto per non perderla, per non sprecarla. Abbiamo poi trasformato il podcast in uno spettacolo, due giovani attori molto bravi interpretano Gino e Irlanda: e allo spettacolo hanno assistito molti giovani…e ho capito che a loro interessa una storia d’amore molto lunga e che si basa su una grande avventura: la lotta partigiana è un momento che coinvolge giovani di 18/20 anni di un tempo in cui ci si poteva giocare la vita e la morte…adesso questi ragazzi occidentali vivono in una dimensione che non ha nulla di eroico, non riescono a sentire il coraggio, la passione, la voglia di poter cambiare il mondo, il senso di ingiustizia…ascoltare la storia di due come loro che si mettono insieme a tredici anni, che fanno una figlia senza neanche accorgersi, che devono superare prove che ora ci sembrano incredibili (a noi, qui…i ragazzi di Gaza sanno bene di cosa stiamo parlando…) ecco tutto questo è importante per loro. Come raccontargli l’Iliade, l’Odissea, le storie dei grandi eroi. Solo che Gino è uno normale…ma la Storia lo porta a interpretare un ruolo da eroe!
3. Il quartiere di Barriera di Milano è onnipresente nel racconto di Gino, ma anche nella storia di Banfo, di Martorelli, di Baroni e della famiglia Arduino… Cos’è che ha fatto di Barriera un alto luogo della resistenza, in particolare nel 45 ma non solo?
Barriera di Milano è il posto di Gino e di Irlanda: certo! Perché la famiglia di Irlanda, suo padre Luigi, antifascista, arrivano dal Veneto a Torino in cerca di lavoro, e dove possono andare? Nel quartiere dove ci sono le fabbriche! E dopo che trovano il lavoro, ecco che durante gli scioperi del 43 Luigi viene arrestato dalla Repubblica e consegnato ai te4deschi, che lo mandano a Mauthausen, dove morirà dopo poche settimane…e parte da Barriera, perché Barriera, quartiere operaio, è per definizione un quartiere antifascista. E allora anche Gino si arruola nelle SAP, alle Ferriere di Barriera, e vede morire il suo comandante Baroni durante un’azione in piena Barriera…Per Barriera Resistenza significa fare barriera contro i tedeschi e difendere le fabbriche…e anche dopo, dopo il 25 aprile, a Barriera quella stessa coscienza diventa pratica politica, diventa Partito Comunista, e tutto si sviluppa secondo una specie di ordine naturale, Barriera è questo fino agli anni del boom econ0omico, fin quando una certa aristocrazia operaia sopravvive allo sviluppo della società industriale (di cui Gino fa parte: non lavorerà mai in fabbrica, sotto padrone: aprirà la sua boita e fino alla pensione sarà il padrone di se stesso: come Faussone della Chiave a stella di Primo Levi…!). poi arrivano gli immigrati, i mandarini, i terroni, i napuli…e dove vanno? In Barriera!!! Accolti male, ma accolti, e dopo un po’ a Porta Palazzo si vendono le angurie e in fabbrica si parla pugliese, siciliano, calabrese, napoletano…il centro è diventata Mirafiori, ma a Barriera decine e decine di fabbriche resistono, producono, si sviluppano. E la storia va avanti…
4. Cosa rimane oggi a Torino in generale, e in Barriera in particolare di questo spirito di resistenza?
E poi arriva la grande immigrazione straniera: per la prima volta qualcuno ti lava i vetri della macchina a un semaforo, e vedo passare per la strada una famiglia di neri…a Torino…dove? In Barriera!
Il centro vitale e pulsante della trasformazione resta qui, dove la vita costa meno e dunque si trasferiscono quelli che non hanno soldi ma arrivano da paesi lontani in cerca di una vita comunque migliore di quella che hanno lasciato. Ma il linguaggio del cambiamento non segue più quei canoni politici che muovevano le persone, i giovani, quando io avevo 20 anni. oggi in Barriera cosa vuol dire fare politica? Io non lo so. Cosa succede nella testa dei migranti che percorrono le strade di Barriera, cosa si aspettano da questa città, da questo quartiere? Cosa possono immaginare quadrando lo scheletro di quelle enormi fabbriche di un tempo? In una di quelle ogni tanto vanno in migliaia a pregare…dove un tempo migliaia di operai lavoravano! Oggi io posso raccontare (è il mio mestiere!) quello che era un tempo Barriera, e Torino, e il mondo. Posso solo mettere in contatto quello che era con le persone, con i giovani, che abitano questo pezzo di mondo oggi. Io di più non so fare. raccontare storie…una storia…la Storia! come canta Francesco De Gregori, in fondo, la Storia siamo noi…!
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Note:
1. dalla breve presentazione del podcast.
2. Qui il link per ascoltare il podcast di 12 puntate: https://www.raiplaysound.it/programmi/laguerradigino